sabato 21 maggio 2022

giorgio eriberto


Dopo un primo breve viaggio nel 1914, H.G. Wells torna a Mosca e San Pietroburgo nel 1920, a conflitto terminato, e tre anni dopo la Rivoluzione d’Ottobre. Trova una situazione economica e sociale disastrata, che attribuisce non tanto al nuovo regime comunista, quanto alle conseguenze della guerra. Nonostante le molte riserve che ha sulle basi ideologiche e sulle capacità di governo del nuovo establishment, Wells trova i bolscevichi animati da un sincero spirito di rinnovamento e ipotizza che, allo stato in cui la Russia all’epoca si trovava, quella poteva essere l’unica opportunità per risollevare il paese dalla miseria. Da visitatore illustre quale era, incontrò alcuni esponenti celebri della cultura patria (Gorkij, Glazunov, etc.), nonché Lenin in persona, del quale ci fornisce un ritratto abbastanza edificante. Tornerà in Russia una terza volta, nel 1934, per una intervista a Stalin (in realtà si tratta di uno scambio di idee tra intervistatore e intervistato) pubblicata in appendice. La sostanziale benevolenza di Wells verso il bolscevismo va vista sia alla luce del suo carattere di scrittore fantascientifico-distopico (prima di Huxley e Orwell) — quindi tendente alle grandi sistematizzazioni delle società del futuro —, sia per la sua visione politica di tendenza “collettivista” — sebbene non rivoluzionaria —, sia, infine, perché i peggiori misfatti sovietici erano ancora di là da venire (o da rivelarsi).

Nuova Editrice Berti, 2016, 160 pagine, 17 euri

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