giovedì 12 agosto 2021

summa theologica

 


Nel librone del buon Egidio Pozzi, uscito nell’ormai lontano 2007, non troviamo novità storiografiche, né alcuna originalità di giudizio, o alcuna rilettura personale della vita e delle opere di Antonio Vivaldi. Troviamo invece il piú organico riassunto di gran parte dei piú autorevoli studi fino ad allora pubblicati al riguardo (tra i piú noti: Kolneder, Fertonani, Talbot, fino a FMSardelli). Le vicende biografiche e lo stile musicale del Prete Rosso vengono illustrati approfonditamente, con ampie rassegne su aspetti particolari, quali la luce gettata sui poco noti compositori veneziani dell’epoca, l’andirivieni tra l’Ospedale della Pietà e i vari impegni operistici in giro per il centro-nord Italia, il “carteggio ferrarese” che illumina sull’ostracismo clericale ricevuto da parte della città emiliana per via della sua condotta mondana, e tante altre cose, tra le quali un buon centinaio di pagine dedicate all’analisi stilistica di alcuni concerti, che ovviamente data la smisurata produzione vivaldiana non esauriscono alcunché ma suggeriscono però alcune possibili modalità attraverso le quali rapportarsi alla sua musica.

L’Epos editore, ca. 780 pagine, 48 euri (che nel frattempo, se il libro fosse reperibile, dovrebbero essere attualizzati in una sessantina, ma li vale tutti)

giovedì 5 agosto 2021

finale col botto

 



MILANO - Palais Royal. Simpatica esposizione che esemplifica la presenza femminile nella storia dell’arte italiana riguardo i secoli XVI e XVII. Oltre alle solite note, troviamo una quantità di pittrici minori (piú alcune incisore, o incisrici?, e un’architetta), delle quali effettivamente la rilevanza artistica è dubbia, data la fatica nel ritrovare opere da esporre in mostra (di un paio di esse non è stato dato di reperirne alcuna). Le artiste di questi secoli facevano capo essenzialmente a due categorie: rampolle di buona famiglia che venivano istruite alla musica e alle arti (Sofonisba Anguissola e Lavinia Fontana, per esempio), oppure figlie d’arte che andavano a bottega dal padre (Elisabetta Sirani, Artemisia Gentileschi, tra le altre). Potevano operare, quindi, soltanto in contesti limitati e protetti, al contrario dei maschi che venivano mandati a bottega dai maestri piú varii. La qualità di molte opere è indiscutibile, e la limitata rilevanza che spesso hanno assunto in quanto artiste è data dalla limitatezza della loro produzione, ché le figlie di papà non poterono ampliare per mancanza di tempo, al contrario delle figlie d’arte. Nella mostra si vedono opere note e meno note, ma quella che colpisce è nel finale, e cioè una Maddalena recentemente attribuita alla Gentileschi, proveniente da una collezione di Beirut, piuttosto danneggiata dalla gigantesca esplosione del deposito di nitrato di ammonio che un anno fa colpí il porto della capitale libanese.