sabato 29 febbraio 2020

pietrogianni


BERGAMO - “Tiziano e Caravaggio in Peterzano”. Il buon Simone Peterzano si forma a Venezia a metà Cinquecento, ma si trasferisce abbastanza presto a Milano, dove sviluppa la sua carriera pittorica, tenendo a bottega il giovane Caravaggio. Un autoritratto in età matura che reca la dicitura “Titiani alumnus” la dice lunga sulla mediocrità di un maestro ormai attempato che ha ancora bisogno di accreditarsi per meriti altrui. In realtà, sulla base di quanto ricostruito della sua opera nell’attuale mostra bergamasca, nei suoi quadri troviamo riferimenti a Tiziano, per quanto riguarda alcuni soggetti, ma soprattutto a Veronese, per la composizione, e al Tintoretto, per alcuni celebri scorci anatomici che devono aver colpito il Nostro nella sua permanenza nella città lagunare. Per analogia contraria, Caravaggio invece pare non abbia mai pensato di presentarsi come Peterzani alumnus dopo essersi trasferito a Roma, avendo già superato il maestro in capacità ancora prima di avviare la sua epocale rivoluzione figurativa. Come il maestro, però, porta nella sua opera le tracce della sua formazione, lombarda: nella Deposizione riconosciamo lo stresso braccio cadente del Cristo della pala d’altare omologa di Peterzano in San Fedele di Milano, oppure la mostra ci propone uno studio di sibilla tratto dal fondo del Castello Sforzesco nel quale si può ravvisare un calco caravaggesco del braccio utilizzato per il Bacchino malato. Ma il Merisi era sicuramente un tipo curioso, interessato anche alle invenzioni di altri pittori milanesi, perché troviamo testimonianza diretta del tema compositivo della prima versione, distrutta, del San Matteo e l’angelo in un dipinto corrispondente, di qualche decennio prima, del Figino, tuttora nella chiesa di San Raffaele a Milano, per esempio, cosí come siamo certi di non ingannarci se della figura preminente del cavallo della Conversione di Saulo individuiamo delle reminiscenze nel quadro centrale di Antonio Campi della chiesa di San Maurizio al Monastero maggiore. E ci fermiamo qui, considerando che le suggestioni venete del Peterzano sono rimaste tra gli esiti migliori della sua mediocre pittura, mentre le influenze milanesi del Caravaggio si confondono tra tante altre componenti che si trasfigurano nell’opera magistrale di un artista autentico.

“Venere e Cupido con due satiri” (1568-70), olio su tela, cm 135 x 207, Pinacoteca di Brera, Milano