mercoledì 11 luglio 2018

zio tom revisited


La Bonelli rispesca il suo nome originario di Audace per battezzare una nuova collana un po’ piú per adulti rispetto alla media dei vari Tex, Zagor, etc. La prima uscita è un convincente adattamento a fumetti di Michele Masiero e Mastantuono dei romanzi di Joe Lansdale basati sul personaggio storico di Deadwood Dick e sulla sua autobiografia di ex-schiavo e poi buffalo soldier. Non è tanto la storia in sé ad essere interessante (il solito western trucido, un po’ alla Quentin Tarantino di Django), quanto quella che supponiamo essere la scrittura di Lansdale trapiantata nel fumetto, molto densa e ironica, che porta un po’ di spessore nei giornaletti da edicola, solitamente di qualità un po’ cosí cosí. Pregevole anche la trovata dello sceneggiatore, che si protrae per una dozzina delle tavole iniziali, di separare la didascalica descrizione dei fatti dal loro effettivo svolgimento disegnato, che sfrutta una potenzialità peculiare del fumetto, che in tal modo — dall’addizione semantica di testo e grafica — è in grado di generare un risultato che è maggiore della somma dei due fattori, un espediente espressivo impossibile da realizzarsi in letteratura e che nemmeno il cinema può vantare tra i suoi strumenti.

64 pagine in b&n, 3,50 euri

martedì 3 luglio 2018

the end of the reason


Una graphic novel di RR, il fumettista piú sopravvalutato (da sé stesso) del mondo. Curiosamente, nello spazio di poche settimane, sono stati pubblicati almeno un paio di libri a fumetti che mutuano dal Pompeo di Andrea Pazienza la loro realizzazione su fogli di quaderno ma, se nel primo caso in esame (ci riferiamo a La mia cosa preferita sono i mostri, del quale parleremo quanto prima) la scelta riflette la volontà di trasmettere l’urgenza — seppur simulata — della scrittura disegnata pseudo-diaristica, nel caso di Recchioni invece siamo piú nel campo della citazione estetica: difatti la presenza di Paz vi ricorre in almeno altri due frangenti: il primo è lo stile quasi pittorico adottato, che ricorda le tavole di Campofame — oltretutto, il tipo di storia, basata sull’emarginazione e la sofferenza, ne ripercorre il senso —; la seconda citazione è quella, quasi letterale, nella vignetta di uscita, della celebre poesia-grafica zen Stella, fiore, notte... I problemi fumettistici di Recchioni sono sempre gli stessi: una pretenziosità esagerata, unita ad un linguaggio espressivo che vorrebbe essere epico ma che non riesce ad andare oltre la stucchevolezza piú imbarazzante, testi autoreferenziali, dialoghi artritici, etc. Salvano la situazione in extremis un paio di trovate pseudo-geniali da pseudo-scrittore maledetto disseminate nella storia, ma non valgono la candela.

Feltrinelli, 112 pagine, 16 euri