Vent’anni dopo i fatti, il buon Pisanò si dedica alla narrazione in soggettiva degli ultimi giorni della RSI, con le truppe fasciste ridotte in Valtellina, assediate dai partigiani, nell’illusoria attesa dell’arrivo del Duce. Nel suo mondo all’incontrario i partigiani sono i cattivi, mentre lui si considera il buono, fedele alla patria e ammettendo tra le sue colpo “solo” quella di aver effettuato dei rastrellamenti (senza entrare nel dettaglio che questi rastrellamenti furono attuati nei confronti di ebrei italiani, spediti poi nei campi di concentramento). Il lato interessante di questo memoir picaresco sta nella guerra vista da vicino, sliding doors continue che fanno la differenza tra la morte e la vita, la situazione caotica del carcere di San Vittore a fine aprile ’45, etc.
2016 (1964), il Saggiatore, 308 pagine, 18 euri
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