sabato 17 dicembre 2022

smart or dumb?

Le attuali normative che regolano il telelavoro e lo smart working risalgono rispettivamente al 2004 e al 2017, e sono nate per un uso mirato, rivolto a conciliare le prerogative del lavoro e di quelle della vita privata di determinate posizioni professionali e della categoria dei lavoratori con problemi di salute. La covid-pandemia costituisce invece il cavallo di troia col quale molte aziende estendono il lavoro da remoto alla generalità dei propri dipendenti, con l’intento principale di ridurre i costi del lavoro e del mantenimento degli spazi fisici degli uffici. Il Savino Balzano inscrive questa controversa novità all’interno della generale precarizzazione del lavoro e della riduzione dei suoi costi lato-lavoratore che caratterizzano almeno gli ultimi trent’anni italiani e non. Oltre al risparmio economico che difficilmente le aziende condivideranno coi dipendenti, un’ulteriore probabile conseguenza sarà la definitiva disarticolazione della solidarietà tra la classe lavoratrice, attraverso l’isolamento domestico degli individui. Last but not least, la tendenza è quella di contrabbandare il telelavoro con lo smart working, che ha una normativa meno vincolante per il datore di lavoro rispetto al primo, soprattutto riguardo la tutela dei rischi sanitari a lungo termine derivanti dal luogo in cui si svolge l’attività, che allo stato attuale — fatto salvo il lato infortunio, naturalmente — saranno di totale responsabilità del lavoratore.

Laterza, Saggi Tascabili n. 446, maggio 2021, 120 pagg., 12 euri

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