lunedì 6 giugno 2022

esterina

 

Quando Esther Hillesum nel ’41 comincia a redigere il suo diario, l’invasione nazista dell’Olanda è già avvenuta da circa un anno, eppure la condizione di vita sotto occupazione emerge tra le righe solo sporadicamente. Lungi dallo scorgere in questa reticenza una sottovalutazione delle circostanze; al contrario, l’iniziale silenzio va interpretato piuttosto come base di partenza per l’apologia dell’accettazione che verrà svolta per tutta la seconda parte del libro. Per tutta la prima metà — e fino alla morte di S. — il diario è incentrato sulla liaison sentimentale con il suo di lei psicanalista, che si porterà dietro ancora per un po’ dopo la sua scomparsa, per poi affidarsi a Dio, o — da un punto di vista laico — alla propria voce interiore, insistendo con pertinacia nella sua visione ottimistica fino a quando, ormai indebolita e malata dopo il campo di concentramento, una testimonianza esterna ci consegnerà il suo ultimo struggente saluto fuoriuscire dal treno per Auschwitz.

Adelphi, 260 pagine, 12 euri

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