domenica 29 maggio 2022

salutame a Sorolla


MILANO - Palazzo Reale: “Joaquin Sorolla, pittore di luce”. Gioacchino Sorella si forma artisticamente tra Spagna e Italia, dedicandosi sulle prime ad una pittura di soggetto sociale e di solidissimo stile accademico, ma che già lasciava intendere l’interesse per la rappresentazione della luce ambientale. Niente di nuovo, per carità, già prima dell’Impressionismo erano cose già viste fin da metà Ottocento presso i naturalisti francesi o i Macchiaioli (Fattori in particolare, ma anche il Carcano, fino a De Nittis, etc.), ma il Nostro porterà questo elemento a vette parossistiche, letteralmente abbaglianti, mai raggiunte prima. Partecipa a vari concorsi con alterne fortune finché nel 1899 non fa il colpaccio con “Triste eredità”, grazie al quale si emancipa economicamente e professionalmente e può dipingere finalmente quel che gli va. Abbandona dunque qualsiasi parvenza di tematica storica o sociale o altro — in un certo senso questa tendenza di metà Ottocento alla perdita di interesse verso il soggetto non era che un preludio all’astrattismo di là da venire — e si trasferisce sulla playa di Valencia a pitturare (quasi fotografare, si potrebbe dire) il mare e la sua luce accecante, mare popolato di pescatori, bambini che giocano etc., e in seguito a Biarritz, con il mare (l’oceano) sempre costante, ma questa volta i quadri si popolano di signore alla moda e bella gente. Un certo Huntington lo sponsorizza per una mostra in America, e qui sfonda definitivamente. Sempre lo stesso Huntington gli commissiona uno di quei mastodontici fregi pittorici che andavano tanto di moda a cavallo del secolo: fu una fatica sfiancante che lo occupò per diversi anni e gli procurò un ictus che lo costringerà ad appendere il pennello al chiodo e al quale sopravvivrà per altri tre anni e poi ciao.

“El balandrito”, 1909, olio su tela, cm 100 x 110, Museo Sorolla, Madrid

mercoledì 25 maggio 2022

una storia dell'Ucraina


Libro uscito a pochi giorni dall’invastione russa del 24 febbraio 2022: nel primo capitolo si riassume per sommi capi la storia dell’Ucraina dall’alba dei tempi fino al crollo dell’Unione Sovietica, per poi passare ad analizzarne abbastanza esaurientemente nel dettaglio le vicissitudini susseguitesi fino ad oggi. Premesso che Putin è un gran figlio di putin, etc., c’è il sospetto che sia un libro un tantino filo-occidentale: per esempio quasi non si accenna al ruolo della NATO (che pure analisti insospettabili di filo-putinismo tengono in conto), come pure non pervenute le voci che il colpo di stato (o insurrezione popolare, come viene qui eufemisticamente definita) del 2014 fosse fomentato dagli USA, la strage di Odessa viene appena nominata o quasi, per non parlare del fotografo Rocchelli ucciso sul campo dall’esercito ucraino, etc. Comunque da leggere.

La Morcelliana/Scholé, 2022, 210 pagg., 16 euri 

sabato 21 maggio 2022

giorgio eriberto


Dopo un primo breve viaggio nel 1914, H.G. Wells torna a Mosca e San Pietroburgo nel 1920, a conflitto terminato, e tre anni dopo la Rivoluzione d’Ottobre. Trova una situazione economica e sociale disastrata, che attribuisce non tanto al nuovo regime comunista, quanto alle conseguenze della guerra. Nonostante le molte riserve che ha sulle basi ideologiche e sulle capacità di governo del nuovo establishment, Wells trova i bolscevichi animati da un sincero spirito di rinnovamento e ipotizza che, allo stato in cui la Russia all’epoca si trovava, quella poteva essere l’unica opportunità per risollevare il paese dalla miseria. Da visitatore illustre quale era, incontrò alcuni esponenti celebri della cultura patria (Gorkij, Glazunov, etc.), nonché Lenin in persona, del quale ci fornisce un ritratto abbastanza edificante. Tornerà in Russia una terza volta, nel 1934, per una intervista a Stalin (in realtà si tratta di uno scambio di idee tra intervistatore e intervistato) pubblicata in appendice. La sostanziale benevolenza di Wells verso il bolscevismo va vista sia alla luce del suo carattere di scrittore fantascientifico-distopico (prima di Huxley e Orwell) — quindi tendente alle grandi sistematizzazioni delle società del futuro —, sia per la sua visione politica di tendenza “collettivista” — sebbene non rivoluzionaria —, sia, infine, perché i peggiori misfatti sovietici erano ancora di là da venire (o da rivelarsi).

Nuova Editrice Berti, 2016, 160 pagine, 17 euri

lunedì 16 maggio 2022

so' dolorem

 

Diciamo che il ritorno della testata di MM dalla bimestralità alla mensilità forse non era proprio necessario se — a proposito di un tema dalle notevoli potenzialità quale il “lorem ipsum” poteva essere — ci troviamo a leggere con una certa curiosità solo la prima parte della storia, mentre per la seconda parte, ovvero quella dell’azione e dello svelamento del mystero, si ricade in una roba un po’ pressapochista, anche a causa di disegni non eccellenti. Forse per questo è stata associata una parte redazionale per aggiungere un po’ di sostanza ad una storiella deboluccia.

mercoledì 11 maggio 2022

ispoved'


Il buon Leone, arrivato ad una certa età, mi va in crisi esistenziale: la sua vita non ha piú senso; il circolo delle sue vuote e sofisticate amicizie gli è insopportabile. Allora volge lo sguardo al popolino, ai contadini, che gli pare conducano la propria esistenza allegramente, senza grossi problemi apparenti, e individua nella religione il fattore fondamentale di questa assenza di angoscia. Ben presto, però, mette a fuoco che non si tratta della religione ufficiale, cristiana ortodossa — che trova invece inadeguata ad ispirare la spiritualità della quale è alla ricerca — bensí di una forma religiosa primigenia, piú genuina e priva di sovrastrutture di matrice politica. Approfondirà il tema in libri successivi.

SE Editore, pagg. 120, per una ventina di euri

lunedì 2 maggio 2022

la dona venexiana, ciò

Una di quelle mostre senza alcuna ragion d’essere. Data la vastità del tema ci può stare dentro la qualunque, ed infatti la divisione in sottosezioni recita: mogli, cortigiane, sante, eroine, etc., ovvero si pigliano i quadri a soggetto femminile di alcuni dei maggiori pittori del Cinquecento veneziano (oltre a Tiziano troviamo Giorgione, Palma Giovane e Palma Vecchio, Veronese, Paris Bordone e altri) e il gioco è fatto. Ovviamente, le opere veramente importanti non le smuovi, quindi il nucleo principale è costituito da quadri e piccole sculture provenienti dal Kunsthistorisches di Vienna (prima tappa di questa mostra) piú altri raccattati qua e là (Accademia, Uffizi, etc.) un po’ cosí, a caso. Sempre un bel vedere, beninteso, ma di ragioni scientifiche, neanche l’ombra.