domenica 27 ottobre 2019

operetta prima


“La cambiale di matrimonio”, la prima opera lirica rappresentata nel 1810 a Venezia da un Rossini ancora diciottenne, è una breve farsa che per la precisione andrebbe annoverata nella centenaria tradizione degli intermezzi napoletani (tra i quali ricordiamo quelli di Alessandro Scarlatti, Domenico Sarri o la celeberrima “Serva Padrona” di Pergolesi). Si trattava di opere molto brevi, che precorrono in ordine di tempo l’opera buffa, divise in uno o due atti, dal soggetto molto leggero, di solito amoroso, e che fungevano da intermezzo, appunto, all’interno delle rappresentazioni di opere serie, melodrammi solitamente di tenore storico. (p.s.: questa cosa che leggiamo spesso nei libri di musicologia ci lascia comunque perplessi, perché un’opera seria durava in media dalle due alle tre ore, e se vi aggiungiamo un’altra oretta di intermezzo fanno quattro ore di fila di musica, esclusi gli intervalli, ma evidentemente le abitudini musicali del pubblico di allora dovevano essere molto diverse da quello attuale). Un’ouverture divisa in due parti, nella quale spicca il corno come strumento solista — che allude alla predominante componente maschile della narrazione — ci introduce ad una storiella esile esile tal quale ce la si aspetta, musicata da un Rossini ancora accademico (lo capiamo, tra l’altro, dalla frequente variazione in terzine delle arie del soprano) ma che lascia già trasparire gli elementi di pazzia che seminerà anche in seguito (per esempio i duetti o terzetti che finiscono in uno stretto in cui ogni voce recita un testo diverso in sovrapposizione alle altre).