domenica 31 marzo 2019

Cavalcaselle


Milano, Palazzo Reale: “Antonello da Messina”. Di base, quella che è considerata l’opera omnia di Antonello da Messina è largamente foriera di problematicità anche agli occhi del semi-profano: una marea di opere dubbie, attribuite sulla base di azzardate congetture stilistiche e geoculturali, con un excursus formale che va dal bizzarro stile catalano-provenzale al piú classico italiano proto-rinascimentale, passando oltretutto per i fiamminghi. Decisamente si sente la necessità di una revisione razionale delle attribuzioni, anche per riconferire un po’ di serietà alla critica d’arte d’oggigiorno. La mostra in oggetto, quindi, presentando una piccola selezione delle opere del Nostro, e non delle migliori, non può che deludere il visitatore (e pensare che fino a pochi giorni dall’apertura era in forse anche la presenza dell’Annunciata). Ha poco senso, infatti, offrire una mostra del tipo one-man-show (come capita sovente, ultimamente) se già in partenza si è consapevoli di non poter presentare le greatest hits dell’artista: uno si chiede, ma come mai questo qui era cosí grande se quello che ci fate vedere è perlopiú robetta? Forse per la consapevolezza di tale handicap, alle opere di Antonello sono stati affiancati i taccuini con gli schizzi e gli appunti del Cavalcaselle, il primo storico dell’arte che nell’Ottocento si avventurò nella ricostruzione del catalogo del pittore siculo. Un commovente, ma magro, premio di consolazione.

Vergine annunciata (1476), olio su tavola, cm 45 x 35, Galleria Regionale della Sicilia, Palermo

venerdì 22 marzo 2019

opera prima


L’album d’esordio di Malika Ayane, pubblicato a fine 2008 con meritato successo per la Sugar di Caterina Caselli, è un prodotto abbastanza discontinuo ed eterogeneo. La metà delle canzoni sono in inglese, composizioni originali di tal Ferdinando Arnò (che pare sia una vecchia volpe della produzione musicale italiana) tra le quali figura anche l’allegrotta “Feeling better”, lanciata da uno spot pubblicitario televisivo. In questa sezione pseudo-anglofona, diciamo cosí, costruita un po’ a tavolino dai discografici, troviamo tanti riempitivi ma anche alcune tracce di discreto livello. La seconda parte invece è quella piú interessante perché delinea il percorso futuro della cantante dalla voce adenoidale, ed è costituita da canzoni d’autore, scritte per lei su misura da Giuliano Sangiorgi dei Negramaro, da Pacifico (quest’ultimo seguiterà anche nei dischi successivi, fino ad oggi, a collaborare felicemente con la cantante di origine semi-marocchina) e, udite udite, perfino da Paolo Conte (“Fandango”, di bell’effetto nella concezione, ma che avrebbe sofferto meno con immagini poetiche non cosí stravaganti). La cantante ha anche collaborato alla scrittura di alcuni di questi brani, ma non è dato sapere se dal lato musicale o da quello dei testi (ma presumiamo la seconda opzione).