giovedì 30 maggio 2019

acqua azzurra


Anche per Zagor è arrivato il momento di raschiare il fondo del barile, ovvero, non avendo (da tempo) molto piú da dire, si vanno a ripescare gli spazi lasciati deliberatamente vuoti tra le vignette storiche che narravano le origini del personaggio, e li si riempiono con un po’ di banalità, giusto per allungare il brodo. L’operazione è ormai rodata: ha incominciato la Marvel, che periodicamente ci riracconta la rava e la fava a proposito delle stenografie originarie dei suoi personaggi, e anche in casa Bonelli è già toccato a Tex l’onere di rivangare il suo passato da “fuorilegge”. Nella fattispecie zagoriana si va a recuperare un classico dei classici come Zagor racconta — nel quale scoprivamo con sconcerto che il babbo del Tarzan di Darkwood si macchiò in passato di una strage di pellirossa — per colmarne le lacune e svuotarle del tutto di poesia, aggiungendoci pure un po’ di splatter, sperando cosí di acchiappare un pubblico nuovo (ma quandomai, questa è roba solo per nostalgici).

64 pagine a colori, 3,90 euri

sabato 11 maggio 2019

neo classico


MILANO - Palazzo Reale: “Jean Auguste Dominique Ingres. La vita artistica al tempo dei Bonaparte”.

«C’è chi lo pronuncia Ingr, chi lo chiama Aengr, chi Ingré, altri lo chiamano Ingrès, ma la vera pronuncia del suo nome è Èngr». (Pasquale Zagaria, 1985 ca., non inteso come l’alter ego di Lino Banfi, ma come l’ex professore di storia dell’arte di chi scrive)

Sfogliando il materiale informativo di questa mostra — nel quale si anticipa che la maggior parte dei (pochi) quadri di Ingres presenti appartengono al museo di Montauban, la città natale del pittore — possiamo già presumere che un eventuale motivo di interesse per la visita andrà cercato altrimenti. È infatti risaputo che i musei delle città natíe degli artisti, specie se ospitati nelle loro case natali, contengono poco piú degli avanzi della loro produzione, essendosi generalmente la loro carriera sviluppata altrove. Difatti il sottotitolo ci indirizza alla relazione tra lo stile artistico applicato al momento storico e alla committenza, ovvero all’ascesa dell’impero napoleonico che, come tutti i totalitarismi, necessita di un linguaggio espressivo consolidato e di facile lettura per veicolare i propri messaggi, e in questo senso il Neoclassicismo riusciva benissimo alla bisogna, coniugando i fasti dell’antica Roma con quelli della moderna Francia bonapartista. Naturalmente una mutazione dello stile delle arti era intervenuta già da prima, seguendo la consueta logica che determina l’evoluzione stilistica in reazione allo stile in vigore in un determinato periodo. In questo caso ci si liberava dalle bizzarrie e dalla fatuità del barocco e del rococò, analogamente a quanto accadrà col ritorno all’ordine realistico novecentesco dopo le avanguardie di inizio del XX secolo, per intendersi. La mostra giustamente ci informa che il neoclassicismo conteneva già in nuce i germi del futuro Romanticismo, messi un po’ in sordina dalle necessità di servizio al Potere della committenza ma che, pure in Ingres, trapelano, assieme a contaminazioni tematiche ed iconografiche rivolte alla mitologia nordica, o alle scoperte archeologiche nelle campagne di scavi in Egitto, che rompono la monotonia della rievocazione puramente classica, che infatti troviamo un po’ noiosa negli esponenti minori al di qua delle Alpi, quali l’Appiani o altri ancora piú provincialisti.

Jean-Auguste-Dominique Ingres - Il sogno di Ossian (1813), olio su tela, 348 x 275 cm, Musée Ingres, Montauban