lunedì 29 luglio 2019

falsi d'autore


Avevamo già avanzato qualche dubbio sulla lucidità epistemica del buon FMS qualche tempo fa quando, interloquendo con lui tramite un noto asocial network a proposito delle sonate a tre parti di Vivaldi, rimanemmo stupefatti constatando che il Nostro (si badi, in quanto revisore ufficiale del catalogo del compositore veneziano) annoverasse tra le sonate a tre anche quelli che, con tutta evidenza, non erano altro che reperti di concerti a due violini, mancanti totalmente della parte di basso, probabilmente mai ultimati e rimasti a livello di bozza. Non ci meraviglia quindi che l’ultima fatica creativa di Sardelli, sotto il titolo di Sonate à tre, nasconda in realtà un pout-purri formale e stilistico ben piú ampio degli anni Venti del Settecento ai quali ci vorrebbero ricondurre le note interne del disco Brilliant Classics in oggetto. O, quantomeno, seppure lo stile può essere effettivamente quello di un Vivaldi di quel periodo (un po’ troppo accademico però, a cui manca del tutto l’esuberanza che invece troviamo fin dalla sua Opera Prima, che era appunto una raccolta di sonate a tre), notiamo come il Sardelli abbia completamente travisato l’aspetto formale e strutturale di questo tipo di composizioni, tre delle quali sono inusualmente in soli tre tempi (la caratteristica sequenza di allegro-adagio-allegro, tipica però dei concerti). Le altre tre sonate sono effettivamente in quattro tempi, nello stile “da camera”, ovvero senza grande sfoggio del contrappunto, ma quello che manca quasi in toto alle sei composizioni del disco è la vera e propria natura della sonata a tre parti, ovvero il sostanziale equilibrio delle voci componenti il trittico. Qui invece ci pare, tranne in rari momenti (Sonata V), di trovarci spostati avanti nel tempo, quando già con Tartini la tipologia della sonata a piú parti era diventata un lontano ricordo di quella originaria, e il secondo violino, pur presente, non si sa bene che fargli fare, alle volte consistendo semplicemente in un controcanto, quando non una semplice eco, nascondendo quindi la loro vera natura di sonate per violino solo e basso continuo, quando addirittura non adottano il lessico di un vero e proprio concerto solistico (Sonata VI e terzo tempo della Sonata I).

p.s.: ci scuserà il Sardelli per la cattiveria ma si fa solo per vis polemica. Comunque il disco si fa ascoltare, e il gusto musicale, quantomeno, quello c’è senza dubbio.

sabato 20 luglio 2019

sbroccadoro


Simpatico libretto del buon Carlo Sbroccadoro, che si può dividere grosso modo in due parti: la prima parte tratta della specialità del Nostro, ovvero la musica contemporanea, e delle difficoltà che questa incontra nella programmazione musicale italiana, per pigrizia mentale degli operatori culturali e del pubblico e per conseguente sconvenienza economica. Data la expertise in materia, e dai nomi dei compositori forniti nel testo, il buon Sbroccadoro ci stimola all’approfondimento del tema, soprattutto alla luce della tesi opposta sostenuta da Sandrino Baricchio nel celebre “L’anima di Hegel e le mucche del Wiscounsin” (che, dobbiamo dire, ci convince maggiormente). La seconda parte del libro si concentra invece sul cambiamento delle modalità di fruizione della musica da parte del pubblico. La tesi sostenuta, abbastanza condivisibile, è che la frammentarietà dell’ascolto, causata dallo streaming digitale e dall’aumento delle distrazioni della vita quotidiana, determinano una perdita nella possibilità di comprensione di un discorso musicale (alla pari di un discorso letterario) di una certa complessità e che necessiti di svilupparsi in un arco di tempo superiore a quello che normalmente la gente è disposta a concedergli. Anche la sovrabbondanza di materiale musicale disponibile, grazie al digitale, può essere un fattore negativo, sia per il pubblico, che trova difficile concentrarsi su un artista o su un genere particolare, sia per i compositori musicali, per i quali la conoscenza eccessiva di tutto lo scibile che viene prodotto, può precludere o rendere molto complicato il determinarsi di una scuola, che consenta un’evoluzione coerente di un pensiero musicale, nel solco di una tradizione o di una linea coerente di sviluppo, causando uno spaesamento sia verso il pubblico che verso se stessi.

Einaudi, 96 pagg., 12 euri.